Mangiare in chiesa: profanazione?
- Edoardo Taliento
- 29 lug
- Tempo di lettura: 3 min
A luglio 2025, ha fatto discutere la vicenda, accaduta a Macerata, dove un gruppo di ragazzi si è rifugiato in una chiesa per ripararsi da un temporale durante una festa. Portavano con sé del cibo, e pare che ne abbiano consumato una parte all’interno. La risposta della curia è stata drastica: chiusura della chiesa per presunta “profanazione”.
Condividere un pasto, per necessità, all’interno di un luogo di culto può davvero essere considerato un gesto profano? Non è che stiamo dimenticando l'essenza stessa della Chiesa di Cristo?
Gesù, il pane e la folla
I Vangeli ci raccontano di un Gesù spesso circondato dalla folla: gente stanca, smarrita, affamata non solo della Parola, ma affamata di cibo materiale. In Marco 6:30-44, quando i discepoli gli dissero che era tardi e la gente doveva andare a comprarsi qualcosa da mangiare, Gesù rispose con compassione e provvide personalmente: non si limitò a “dare la benedizione” e poi congedarli, ma moltiplicò pani e pesci. Fece sedere le persone sull’erba, le sfamò e continuò a insegnare anche mentre mangiavano.
Gesù non si scandalizzava di chi mangiava alla Sua presenza, anzi, faceva in modo che nessuno rimanesse a stomaco vuoto. Proprio a tavola Gesù rivelava il cuore del Padre: pensiamo alla cena in casa di Levi, alla casa di Marta e Maria, alla Cena con i discepoli, fino al banchetto con i discepoli di Emmaus.
La prima chiesa? Una tavola imbandita
Nel libro degli Atti leggiamo che i primi cristiani si riunivano nelle case, spezzando il pane con gioia e semplicità di cuore (Atti 2:46). Questo “spezzare il pane” non era un gesto simbolico disincarnato: era un prendere il cibo insieme, consumandolo alla presenza del Signore.
Paolo, nella sua prima lettera ai Corinzi (capitolo 11), corregge chi trasformava questi pasti in momenti di divisione e disordine, ma non mette mai in discussione il fatto che la comunione avvenisse durante un vero pasto condiviso. I primi cristiani mangiavano davvero insieme alla presenza di Cristo e questo faceva parte della loro "liturgia", era una componente essenziale della loro spiritualità.
La chiesa non è un edificio sacro
Nel Nuovo Testamento, il termine “chiesa” (ekklesia) non si riferisce mai a un luogo fisico, ma significa "assemblea, convocazione, comunità chiamata fuori".
Non esisteva un tempio cristiano nei primi decenni, non esistevano cattedrali, non c’erano altari d’oro. C’erano case, cortili, stanze al piano superiore, ma soprattutto, c’erano persone rese vive dalla grazia di Dio.
L’apostolo Pietro scrive:
Voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale (1 Pietro 2:5)
Paolo aggiunge in maniera più specifica e diretta:
Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? (1 Corinzi 3:16)
La Chiesa non è un contenitore, ma un corpo.
Non è un luogo da proteggere, ma un popolo da vivere.
Il vero sacrilegio
Il sacrilegio non è mangiare del cibo in un edificio di culto, ma chiudere la porta a chi cerca rifugio. È trasformare un luogo di accoglienza in un simbolo di esclusione, è ignorare la fame del corpo e quella dell’anima in nome di una forma religiosa svuotata di grazia.
Gesù ha sempre preferito la comunione alla pulizia, la compassione all’etichetta, la persona al rituale e ci ha chiamati a fare lo stesso.
In conclusione
Se mangiare in chiesa è profanazione, allora anche Gesù ha profanato ogni luogo in cui ha spezzato il pane, ma la verità è che lui ha santificato la tavola, la fame, la comunione; ha reso sacra la condivisione. Gesù ha mostrato che la presenza di Dio non è delimitata da mura, ma si manifesta dove c’è amore, pane e grazia.
E allora no, non è profanazione mangiare in chiesa. Profanazione è dimenticare che noi stessi siamo la Chiesa, chiamati a essere un rifugio nel temporale, un tavolo aperto nel deserto, una comunità dove Cristo si siede ancora a cena con noi.
Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro. (Matteo 18:20)
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